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Bisogna riconoscere i colpevoli, anche quelli senza il coltello in mano

Gennaio 03, 2022

Era agli arresti domiciliari, eppure è riuscito a uccidere suo figlio di soli sette anni con una coltellata. Gli è andata male con la ex-moglie rifugiata da tempo dai genitori: non ce l’ha fatta a ucciderla.

Il fatto è che andrebbero condannati anche quelli che hanno permesso, anzi ordinato, che uno così, già denunciato (tre anni fa) potesse vedere il figlio, non solo, ma che fosse ai domiciliari, la cui inutilità è confermata da più parti.

E sull’incoscienza criminosa dei provvedimenti sulla vita, psichica e sovente fisica, dei bambini, si continua a non fare nulla. Ricordo non soltanto Bibbiano, non soltanto quel bambino ucciso durante un incontro protetto, ma tutti quei bambini di cui non si ha notizia finché restano vivi , costretti da provvedimenti di giudici e decisioni di assistenti sociali e relazioni di psicologi a incontrare il genitore che non vogliono incontrare. In questi casi, è frequente che si invochino ipotetiche influenze negative dell’altro genitore, è frequente che non si ascoltino i bambini, è sicuro che chi decide sulla vita altrui non si metta nei panni di un bambino spaventato. Costoro sono impuniti. Riporto parte del testo di Maria Bottaro,

” (L’evoluzione del diritto a tutela del bambino. Spunti e riflessioni https://www.istisss.it › 2007/10/04 )

La Convenzione europea sull’esercizio del diritto dei bambini dice che, purché il minorenne abbia sufficiente giudizio, nei procedimenti che lo concernono davanti ad un’autorità giudiziaria, sono attribuiti i seguenti diritti, di cui egli stesso può chiedere di beneficiare: a) ricevere ogni informazione pertinente; b) essere consultato ed esprimere la propria opinione; c) essere informato delle eventuali conseguenze dell’accoglimento della sua opinione e delle eventuali conseguenze di ogni decisione.

Anche le cosiddette Regole Minime per l’Amministrazione della Giustizia penale minorile, approvate dalle Nazioni Unite il 29 novembre 1985, riconoscono all’imputato minorenne il diritto a tutte le garanzie procedurali tra le quali il diritto di difendersi, il diritto all’assistenza dei genitori o del tutore, e ad essere rappresentato da un consulente o di chiedere la nomina di un avvocato d’ ufficio, il diritto a non essere sottoposto a misure extra-giudiziali che implicano l’affidamento a servizi della comunità o ad altri senza il proprio consenso o quello di un genitore o tutore, aggiungendo -tra l’altro- che la giustizia minorile fa parte integrante del processo di sviluppo nazionale di ogni Paese.

Ho esperienza di bambini costretti a vedere un genitore e mai ascoltati, anzi derisi (“Non mi credono solo perché sono un bambino), di anni di cause per riconoscere errate le accuse fatte da un genitore all’altro così come per riconoscerle giuste. Bambini che hanno l’esperienza della propria impotenza e dell’ingiustizia della giustizia. Le conseguenze non sono pubblicate, sono gravi, gravissime: affettive, psicologiche, sociali.

Non comprendo la colpevole indifferenza, la superficialità. Non parlo di competenze, perché la competenza in questi casi è di sensibilità e di umanità. E ai molti che comprendono resta l’esperienza dell’impotenza, del potere di chi non se lo merita, dell’infinita ingiustizia multiforme che annienta chi ci capita sotto.

Federica Mormando

psicoterapeuta e psichiatra

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