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Medico di famiglia, parla il dottor Nicolas Gallizzi: “Ai miei colleghi dico: torniamo a guardare i pazienti negli occhi”

Gennaio 26, 2023

La medicina fa enormi passi avanti grazie alla ricerca, ma dobbiamo tornare a guardare i pazienti negli occhi». Nicolas Gallizzi, medico, 68 anni ad aprile, si occupa di medicina generale in un piccolo paese della provincia milanese ed è vicepresidente regionale del sindacato medici SMI, membro del consiglio d’amministrazione della Fondazione Policlinico IRCSS di Milano e del Policlinico San Matteo IRCSS di Pavia ed è candidato per le prossime elezioni regionali lombarde nelle file del partito di Maurizio Lupi, “Noi moderati – Rinascimento Sgarbi”.
Tornare a guardare i pazienti negli occhi, chiede ai suoi colleghi un passo indietro?
«Chiedo ai miei colleghi di tornare a costruire il rapporto fiduciario con il paziente, a occuparsi di lui. Chiedo alla medicina di continuare sempre di più e sempre meglio a lavorare per migliorare le cure necessarie, in maniera trasparente e utile per il paziente e alla politica di creare le condizioni necessarie affinché questo avvenga. Un passo indietro, se vuole chiamarlo così, ma solo per farne dieci in avanti. E stare tutti meglio».
Il rapporto medico paziente si è deteriorato?

Il dottor Nicolas Gallizzi

«Non è questo il punto, perché dipende da variabili che non si possono affrontare in pochi minuti. In alcuni casi, però, sarebbe utile tornare a fare i medici come una volta. Conoscere il paziente, prendersi il tempo necessario, guardare il suo stato di salute generale. Ci sono indicatori che dicono moltissimo dello stato di salute di un paziente e che potrebbero evitare inutili esami e quindi intasare l’intero sistema sanitario oppure, al contrario, rendere fondamentale un ulteriore e rapido controllo per stare più tranquilli. Il problema è che manca il tempo e la medicina territoriale è stata messa un po’ in secondo piano, nell’angolo».
Perché?
«Ci sono tanti motivi, forse rende meno. O forse si pensa di poterla trattare come un’impresa di qualunque altro settore, ma un medico deve rimanere un medico e non fare l’imprenditore».
In che senso…
«Oggi ci sono centri medici assolutamente seri, all’avanguardia, ma spesso si basano su protocolli generali che in base a delle precise indicazioni indirizzano verso una serie di esami. Esami che un medico attento, che conosce il paziente e che sa prendersi le proprie responsabilità, potrebbe evitarti. Basterebbe questo per far risparmiare a tutti un mucchio di soldi, di tempo e di immaginabili disagi».
Troppi esami e controlli, quindi…
«Attenzione, voglio essere chiaro: non dico che non si debbano fare controlli, su questo non scherziamo. Bisogna rivolgersi al medico per qualunque dubbio e fare molta, moltissima prevenzione, ma è il medico che decide e valuta. Dico solo che ci vorrebbe una maggiore attenzione, per capire quando prescrivere o meno esami e terapie. Ci sono colleghi che non guardano in faccia le persone e chiudono una visita in due minuti».
Cosa può fare la politica?
«Partiamo da una cosa banale, ma che poi tanto banale non è, poco articolata e tecnica e che tutti possono comprendere perché la vivono in prima persona: a lei sembra normale che un paziente possa rischiare di avere il proprio medico di base in un altro paese? Per quanto vicino possa essere a qualcuno potrebbe creare qualche difficoltà, o no?».
Mi sembra il minore dei problemi
«Le può sembrare il minore dei problemi, ma le assicuro che per qualcuno è un grave disagio. C’è chi ha difficoltà negli spostamenti, chi ha problemi di salute, chi complessità di varia natura. Nessuno pretende di averlo sotto casa, ma nemmeno a sette, otto chilometri. E comunque sono abituato a iniziare dalle piccole cose, che sono sempre segnali molto importanti di attenzione al cittadino».
Ci sono medici che visitano i pazienti da remoto. Poca voglia di lavorare o buon uso della tecnologia?
«Guardi, escluderei la poca voglia di lavorare. Credo sia molto più faticoso interfacciarsi attraverso uno schermo. E sinceramente non penso siano delle vere visite, ma semplici consulti tra medico e paziente. Io comunque insisto sulle visite in presenza».
Come si potrebbe migliorare la percezione del valore della medicina territoriale?
«Elevando e nobilitando il lavoro che i medici di base svolgono con passione e impegno. Occorre non solo una grande operazione di immagine e comunicazione, ma anche azioni concrete in termini finanziari e di supporto tecnologico, sanitario, logistico. Non dimentichiamo che la pandemia ha fatto emergere criticità e problemi che possiamo risolvere, ma dobbiamo migliorare il dialogo sotto tutti i punti di vista».
In che modo il Covid ha “scoperchiato” la pentola sanitaria?
«Qualcuno ha pensato che la medicina territoriale non fosse fondamentale nella gestione delle cure ai pazienti. Ma come si fa a non capire lo straordinario rapporto di fiducia che spesso si crea tra medici di famiglia, pediatri e la maggior parte dei pazienti?».
Cosa pensa dell’operato della Regione in materia legata alla sanità?
“La pandemia da Covid 19 ha messo a nudo tutte le criticità sulla medicina del territorio, e ospedaliera, per fortuna le vaccinazioni hanno ridotto i ricoveri in terapia intensiva, e anche la mortalità per Covid 19. Errori, purtroppo, ci sono stati, sono morti centinaia di medici che visitavano pazienti senza presidi, poi le cose sono cambiate con le USCA (unità speciali di continuità assistenziale)  più strutturate e pronte a visitare presso il proprio domicilio gli ammalati da Covid 19, oggi siamo usciti dall’emergenza ma non bisogna abbassare la guardia. Sono convinto che Regione Lombardia ha le risorse necessarie per investire sia sul territorio che sull’emergenza urgenza riqualificando i Pronto Soccorso, spero anche che le risorse del PNRR investite sulla sanità lombarda, non vengano utilizzate esclusivamente per le infrastrutture che sono pur necessarie, ma per  riqualificare tutto il comparto della medicina territoriale e ospedaliera”.
Perché la politica?
«Le dico che per me la politica è passione, prima di tutto. E la passione consente di fare cose straordinarie. Io, più umilmente, metto a disposizione la mia esperienza, il mio sapere e la convinzione che si possa rendere la nostra sanità al passo coi tempi, ma sempre con un occhio agli insegnamenti dei nostri maestri. Vecchi medici a cui bastava uno sguardo per sapere come stava il paziente. Ho un’età e una posizione in cui necessariamente vedo la politica come un perfetto mezzo per costruire e non come un modo per arrivare a consolidare o conquistare interessi personali».

Alice Guazzo

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